Lo spettacolo dei phantom ridenelle risemantizzazioni del paesaggio mobile
Parole chiave:
phantom ride, paesaggio mobileAbstract
ITA
Il saggio si propone di approfondire il modo in cui alcuni phantom ride film del cinema delle origini sono sottoposti a un processo di risemantizzazione, alterati e ricontestualizzati attraverso alcune pratiche di found footage contemporanee.
Prendendo in esame alcuni casi significativi, quest’intervento cercherà di analizzare alcune modalità attraverso cui l’avanguardia, specialmente americana, si affida a prassi archeologiche e parimenti autoriflessive per scavare lungo la storia cinematografica della visione itinerante. Se ad esempio in The Georgetown Loop (1996) di Jacobs il loop e la manipolazione privano il paesaggio delle sue connotazioni referenziali, attraverso quell’obsolescenza auratica che chiama in gioco la materialità di nuove configurazioni spaziali, Gehr con Eureka (1974) o il duo Gianikian e Ricci-Lucchi con Dal polo all’equatore (1987), si affidano a dilatazioni temporali che ribaltano il significato primigenio dell’eccitazione e della velocità creando delle tensioni percettive tra l’eccesso materico e l’opacità di un paesaggio-altro fantasmatico, in cui la tecnologia interviene per potenziare la visione attraverso la sottrazione. Altre pratiche d’archivio si muovono invece in direzione di un salvataggio, una preservazione non solo filmica, ma anche del paesaggio. È il caso, ad esempio, del collezionismo seriale di Prelinger nei suoi Lost Landscape, che memori degli archives de la planète di Kahn, ridefiniscono la dialettica possesso-riappropriazione, riflettendo su inedite possibilità di esplorazioni geografiche frammentarie e asindotiche. Dunque, precise confi gurazioni archiviali permettono di instaurare nuove forme di visioni partecipative o sensoriali, talvolta anti-paesaggistiche, in cui il potere allucinatorio delle immagini è al servizio di uno sguardo critico. Viene così ridefinita una cartografia performativa in cui determinante è il re-incanto tecnologico che opera plasmando alcuni immaginari legati al senso del luogo, tra passato e presente.
ENG
This essay aims to explore how certain phantom ride films from early cinema undergo a process of resemanticization, being altered and recontextualized through contemporary found footage practices. By examining a few signifi cant cases, this study analyzes the ways in which the avant-garde, particularly in the United States, employs archaeological and self-refl ective practices to delve into the cinematic history of itinerant vision. For instance, in Jacobs’ The Georgetown Loop (1996), the use of looping and manipulation strips the landscape of its referential connotations, invoking an obsolescent aura that engages with the materiality of new spatial configurations.
In contrast, films like Gehr’s Eureka (1974) or the duo Gianikian and Ricci Lucchi’s From the Pole to the Equator (1987) rely on temporal dilations that invert the original meaning of excitement and speed, creating perceptual tensions between material excess and the opacity of an uncanny landscape, where technology enhances vision through subtraction. Meanwhile, other archival practices focus on preservation, not only of the film but also of the landscape. This is evident, for example, in Prelinger’s serial collecting in his Lost Landscapes, which, reminiscent of Kahn’s Archives de la Planète, redefine the dialectic of possession and reappropriation, refl ecting on new possibilities for fragmented and disjointed geographical explorations. Th us, specific archival configurations establish new forms of participatory or sensory visions, sometimes anti-landscape, where the hallucinatory power of images serves a critical gaze. This redefines a performative cartography, where the technological reenchantment plays a crucial role in shaping certain imaginaries related to the sense of place, bridging past and present.
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