Il paesaggio tattile delle Alpinei ‘Bergfi lme’ di Arnold Fanck
Parole chiave:
Arnold Fanck, Il paesaggio tattile, Bergfilme , SkifilmeAbstract
ITA
L’articolo esplora il paesaggio cinematografi co nei fi lm di Arnold Fanck, pioniere indiscusso del film di montagna. Sulla scia delle influenti critiche di Siegfried Kracauer, i film di Fanck sono stati spesso interpretati come esaltazioni proto-naziste del corpo e della natura, rappresentazioni neo-romantiche del sublime e riflessi del desiderio di recupero spirituale della Germania dopo Prima Guerra Mondiale. In questo articolo viene ripresa, invece, l’interpretazione modernista che dei film di Fanck aveva dato, prima di Kracauer, Pierre Leprohon, in cui l’estetica del paesaggio si trova conforme ai principi estetici del Purismo. Leprohon sostiene che Fanck si sia distaccato dal romanticismo pittoresco, enfatizzando una fotogenia geometrica della montagna, definita dalla luce, dal movimento e da paesaggi lineari e austeri. Il fuoco continuo sul rapporto intimo tra l’alpinista e la parete rocciosa, evidenziato da numerosi primi piani, sposta l’accento dalla montagna come mero spettacolo pittoresco, tipico dello sguardo transitorio del turista, all’esperienza tattile, corpo a corpo, propria dell’alpinista che quel paesaggio crea e abita. Questa prospettiva tattile, oltreché visiva, sembra fare eco a un celebre dibattito vittoriano tra John Ruskin e Leslie Stephen in merito a come e da dove si dovesse ammirare un paesaggio montano. Sebbene il linguaggio visivo di Fanck sia profondamente legato a un’identità iconografica tedesca che colloca le Alpi al centro di una guarigione nazionale, le sue fonti iconografi che, nei Bergfilme come negli Skifilme, rivelano l’influenza dell’alpinismo britannico e dell’immaginario legato alla rappresentazione sportiva ma intrepida degli alpinisti in quella letteratura, ben nota nel contesto tedesco di Fanck.
ENG
The Tactile Landscape of the Alps in Arnold Fanc’’s Bergfilme
The article explores the cinematic landscape in the fi lms of Arnold Fanck, undisputed pioneer of the mountain film genre. Following Siegfried Kracauer’s influential critiques, Fanck’s films have often been interpreted as proto-Nazi glorifications of the body and nature, neo-romantic depictions of the sublime, and reflections of post-World War I Germany’s desire for spiritual recovery. This article revisits Pierre Leprohon’s modernist interpretation, off ered before Kracauer, which aligns the
aesthetic of the mountain landscape in Fanck’s fi lms with the principles of Purism. Leprohon argues that Fanck distanced himself from picturesque romanticism, emphasizing a geometric photogeny defined by light, movement, and stark, linear landscapes. Th e continuous focus on the intimate relationship between the climber and the rock face, highlighted by numerous close-ups, shifts the emphasis from the mountain as a mere picturesque spectacle – typical of the transient tourist gaze – to a tactile, embodied experience, unique to the climber who creates and inhabits the
landscape. Th is immersive perspective echoes a famous Victorian debate between John Ruskin and Leslie Stephen about how and from where one should admire a mountain landscape. While Fanck’s visual language is tied to a German identity that places the Alps at the centre of national healing, his iconographic sources in both his Bergfilme and Skifilme reveal the influence of British alpinism and the adventurous, sportive portrayal of mountaineers in British Alpine literature, which was well-known in the German context of Fanck’s time.